Introduzione

Il sesso biologico è determinato da cromosomi sessuali, gonadi, genitali esterni e dalle caratteristiche secondarie che compaiono nel periodo dello sviluppo sessuale; quelle dipendenti da fattori culturali, sociali, psicologici che definiscono comportamenti considerati “tipici” per l’uomo e per la donna costituiscono il genere. Il sentire di appartenere intimamente all’uno o l’altro genere costituisce l’identità di genere di ogni singolo individuo. La disforia di genere, invece, è una condizione caratterizzata da un’intensa e persistente sofferenza causata dalla non congruità tra il genere biologico e quello di “appartenenza”.

Si stima che la popolazione transgender sia in aumento (la prevalenza nel 2017 è stata dello 0,6% della popolazione americana). Le persone transgender che scelgono di sottoporsi a terapia ormonale gender affirming vanno incontro a un trattamento che deve essere effettuato in cronico, anche dopo eventuale gonadectomia, e di cui ancora poco conosciuti sono i rischi a lungo termine. La terapia ormonale per gli uomini transgender si basa sull’uso di testosterone in diverse formulazioni; quella femminilizzante, invece, prevede la somministrazione combinata di molecole ad azione anti-androgenica ed estrogeni. Sul territorio nazionale, l’uso di tutte le classi di farmaci per la terapia gender affirming è off-label e soggetto a consenso informato del/della paziente.

Antiandrogeni di uso più frequente

Le due classi di antiandrogeni più comunemente prescritti in Europa sono ciproterone acetato (CPA) e spironolattone [1]. Il ciproterone acetato è una molecola sintetica di derivazione progestinica con potente proprietà anti-androgenica il cui uso, da scheda tecnica, è indicato per il trattamento di carcinoma prostatico inoperabile, riduzione della libido negli uomini e, in combinazione con contraccettivi orali, per il trattamento di seborrea, acne, irsutismo e alopecia androgenetica in donne biologiche.

Il dosaggio impiegato nella terapia ormonale femminilizzante è 50–100 mg/die [1] e il suo impiego è generalmente sospeso dopo la gonadectomia, ad eccezione di rari casi di irsutismo persistente [2].

Effetti tumorali del trattamento

Oltre ai comuni effetti collaterali dovuti al suo utilizzo, in letteratura sono stati segnalati casi di tumori cerebrali benigni come meningiomi [3, 4] e prolattinomi [5] nelle donne transgender e un caso di somatotropinoma in un uomo transgender [6]. I tumori cerebrali benigni più comuni sono: meningiomi, adenomi pituitari (adenoma non secretivo, prolattinoma, somatotropinoma, corticotropinoma e tireotropinoma) e schwannoma vestibolare [7]. I meningiomi sono tumori benigni derivanti da cellule meningoteliali della membrana aracnoidea che ricoprono corteccia cerebrale e midollo spinale; la maggior parte sono intracranici (circa il 90%) e rappresentano circa il 20% di tutti tumori cerebrali. Hanno un tasso di crescita solitamente lento, sono spesso asintomatici e vengono riscontrati come incidentalomi in corso di studi di neuroimaging, o durante accertamenti autoptici [8]. Qualora presenti, i sintomi sono il risultato di un aumento della pressione intracranica con conseguenti cefalea e vomito fino all’emiparesi, convulsioni, cambiamenti nella personalità e nell’umore e difficoltà nell’eloquio, nella vista, nel coordinamento e nella memoria.

Meccanismi determinanti

La correlazione tra tumori cerebrali e ormoni sessuali è, quindi, ben nota: espressione di recettori per il progesterone e, in misura minore, per gli estrogeni e androgeni in alcuni tipi di meningiomi, maggiore prevalenza di questo tipo di tumori nelle sesso femminile durante l’età riproduttiva (soprattutto in gravidanza e nella fase luteale del ciclo mestruale, ma anche casi di regressione spontanea dopo il parto), maggiore frequenza di meningiomi e prolattinomi nel sesso femminile rispetto al maschile [8, 9]. Il rischio di meningioma, quindi, sembra essere più alto nelle donne biologiche che hanno fatto uso per lungo tempo di contraccettivi in età fertile, o in chi ha seguito terapia ormonale sostitutiva durante la menopausa.

Altri suggerimenti di una possibile associazione tra progesterone/progestinici e meningiomi sono emersi da casi di pazienti in terapia cronica con progesterone per diverse ragioni mediche quali linfangioleiomiomatosi, ipertrofia prostatica benigna o irsutismo. Nel 2006, Pozzati e collaboratori hanno documentato un caso di rapida crescita di meningiomi multipli intracranici in una donna in postmenopausa trattata con medrossiprogesterone acetato per linfangioleiomiomatosi; successivamente alla sua sospensione, le lesioni sono regredite spontaneamente [10]. Nel 2010, Goncalves e colleghi hanno registrato la rapida regressione di un meningioma dopo interruzione del trattamento con ciproterone acetato (50 mg) assunto per 10 anni da una donna biologica di 46 anni per alopecia androgenetica. Nel 2009, la possibile correlazione meningiomi-CPA aveva messo in allarme il Regno Unito, tanto che l’agenzia del farmaco inglese raccomandava che pazienti con diagnosi di meningioma non venissero trattati con dosi superiori a 25 mg/die [11]. Un ulteriore case report di Bernat et al. (2018) ha registrato la regressione di un meningioma olfattivo gigante (sintomatico) già solo dopo 3 mesi dalla sospensione di CPA in una donna biologica di 65 anni, utilizzato per 15 anni per iperandrogenismo. Per quanto riguarda individui di sesso maschile, Alderman nel 2016 ha riportato il caso di un maschio biologico di 71 anni trattato con CPA (50 mg/die) per più di 10 anni per disturbo sessuale iperattivo che aveva presentato meningioma cerebrale (non trattato con sospensione farmaco o approccio chirurgico per decesso del paziente per una neoplasia ematologica non correlata) [11]. Analogamente, Shimizu e collaboratori hanno descritto la regressione di meningioma dopo sospensione terapia con analoghi del progesterone in paziente ottantenne trattato per iperplasia prostatica benigna [12].

L’ipotesi di una relazione tra tumori cerebrali benigni e CPA ad alte dosi è supportata in letteratura da alcune (\(n = 9\)) segnalazioni di singoli casi (Tabella 1) anche in individui transgender in corso di terapia gender affirming, come meningiomi e prolattinomi [3, 10] in donne transgender e un caso di somatotropinoma in un uomo transgender [13].

Tabella 1 Casi di meningioma correlabili a terapia con ciproterone acetato riportati in letteratura

Rassegna dei casi riportati in letteratura

I primi a rilevare questa possibile correlazione sono stati, nel 2007, Gazzeri e colleghi. Tali autori hanno registrato l’insorgenza di meningioma gigante del bulbo olfattivo in una donna transgender che aveva assunto per diversi anni alte dose di ciproterone acetato (100 mg/die) e hanno ipotizzato che non solo il dosaggio, ma anche la durata della terapia potesse giocare un ruolo importante, suggerendo la tempestiva sospensione dell’anti-androgeno al momento della comparsa della lesione [3]. Dello stesso avviso sono stati, nel 2015, Bernat e collaboratori che hanno suggerito inoltre, vista la forte probabilità di riduzione delle dimensioni tumorali dopo sospensione del CPA, di preferire in prima istanza un trattamento conservativo con stretto monitoraggio mediante risonanza magnetica seriale, invece della chirurgia radicale [10]. Successivamente, Cebula et al. nel 2010 avevano segnalato la presenza di meningiomi in una donna transgender di 49 anni in terapia da 10 anni con CPA (100 g/die) ed estradiolo (a dosaggio non specificato). La paziente era stata sottoposta a RM per cefalea persistente da 2 anni con il riscontro di un meningioma temporale sinistro di 4,2 cm3 e, vista la natura aspecifica dei suoi mal di testa e le piccole dimensioni della lesione, i colleghi avevano optato per un trattamento conservativo con follow-up strumentale, senza riduzione del CPA. La paziente, non più presentatasi ai follow-up per circa 39 mesi, ritornò ai controlli riferendo un netto peggioramento della cefalea cui corrispose alla RM un significativo ingrandimento della lesione (da 4,2 a 25,7 cm3) e la presenza di una nuova piccola formazione temporale destra. Dopo il rifiuto della paziente all’exeresi chirurgica delle lesioni, l’équipe medica sostituì il CPA con flutamide, un antiandrogeno non steroideo, al dosaggio di 500 mg al giorno. Dopo solo 10 mesi di terapia è stata ottenuta una significativa riduzione delle dimensioni del meningioma temporale sinistro e la regressione totale di quello destro, suggerendo un nesso causale tra la somministrazione del CPA e la crescita del meningioma [10]. La flutamide, gli anni successivi, verrà eliminata dagli standard di cura per lo scarso profilo di sicurezza (epatotossicità) e la scarsa efficacia (blanda azione anti-androgenica) [1].

Nel 2011 è stato condotto un interessante studio di coorte retrospettivo sul database delle cure primarie in Spagna (Base de datos para la Investigación Farmacoepidemiológica en Atención Primaria, BIFAP) da Gil e colleghi, in cui sono stati analizzati 2.474 pazienti (transgender e cisgender) in terapia con CPA ad alte dosi (su un totale di 3.274.302 persone). Dai risultati è emerso che il rischio di meningioma in chi fa uso di questo farmaco è più elevato rispetto alla popolazione generale. Inoltre, sono stati identificati 4 casi di meningioma in donne e uomini biologici (in terapia per alopecia e carcinoma prostatico inoperabile) [14].

Il nesso causale tra assunzione di CPA e meningiomi è stato dimostrato nel 2013 da Bergoglio et al. grazie al riscontro della crescita di un meningioma sellare sintomatico (riduzione monolaterale del visus, emianopsia) in una donna transgender di 35 anni che assumeva da 4 anni, senza alcun controllo medico, terapia con estradiolo transdermico (100 mcg, cerotti) e CPA (100 mg/die). La paziente si era sottoposta, prima di iniziare la terapia gender affirming, a TC cerebrale per trauma cranico (negativa per la presenza di meningiomi) Successivamente all’exeresi radicale del tumore benigno (risultato essere meningioma meningoteliale di grado 1 con elevata espressione del recettore del progesterone, ma non di quello estrogenico) è stato sospeso il CPA e sostituito con triptorelina (analogo del GnRH). Dopo un anno dall’ablazione, le tecniche di imaging confermavano l’assenza di una recidiva. Questo studio offre un ulteriore spunto di riflessione: l’assenza di marker biochimici di “sospetto” (livelli di prolattina nella norma durante gli anni di terapia con CPA) suggerisce che la clinica (sintomatologia visiva e cefalea, ecc.) può essere un utile strumento nella formulazione del sospetto diagnostico di meningioma, ma essenziale (e dirimente) è la diagnosi differenziale della cefalea secondaria ad uso di estrogeni. Per quanto riguarda l’attività anti-androgenica, la paziente in questione lamentava la ricomparsa di alcuni caratteri sessuali secondari maschili (soprattutto in termini di pilifero) [15]. Secondo gli ultimi standard di cura, infatti, gli analoghi del GnrRH trovano scarso impiego nelle donne transgender adulte, contrariamente alla fase pre- e peri-puberale.

Il nono caso di tumore cerebrale, in una donna transgender in trattamento ormonale da circa 9 anni (CPA 100 mg ed estradiolo gel 3 mg), è stato registrato nel 2017 da Mancini e colleghi. La paziente di 41 anni accusava da circa un anno difficoltà alla lettura, episodi di prosopagnosia e, in anamnesi remota, diagnosi, circa 4 anni prima, di massa cerebrale in espansione, poi parzialmente rimossa chirurgicamente (ganglioma immunoistochimicamente negativo per recettore estrogeni e progesterone). In seguito al riscontro mediante RM di una massa di 3 cm in regione occipitale, i colleghi bolognesi interrompevano il CPA per sostituirlo con un GnRH agonista (leuprorelina, 3,75 mg/mese). Successivamente, la paziente è stata sottoposta a nuovo intervento chirurgico con diagnosi meningioma con forte positività per recettore per progesterone (90%) e lieve per quello degli estrogeni (20%); dopo due anni dall’eradicazione, non sono comparse recidive e la paziente ha continuato trattamento con leuprorelina, pur non essendo pienamente soddisfatta della sua attività antiandrogena [10].

Un interessante studio retrospettivo è stato condotto nel 2018 da Nota e collaboratori riguardo l’incidenza di tumori cerebrali benigni in individui transgender medicalizzati rispetto a quella nella popolazione generale olandese ed europea (sono stati analizzati i dati riguardanti 2.555 MTF e 1.373 FTM). Tra le donne transgender, sono stati riscontrati 8 casi di meningioma, 1 caso di adenoma ipofisario non secernente, 9 casi di prolattinomi e due casi di schwannomi vestibolari; l’incidenza di meningiomi, quindi, è risultata più alta che nella popolazione generale femminile e maschile europea. Per quanto riguarda gli uomini transgender, sono stati riscontrati due casi di somatotropinoma in percentuale maggiore rispetto all’incidenza nella popolazione generale europea. Questo studio, quindi, mette in luce come l’incidenza dei meningiomi sia effettivamente più alta nelle donne transgender che nella popolazione maschile e femminile europea (probabilmente legata all’uso di CPA) e che, seppure con un numero inferiore di casi, anche gli uomini transgender sono maggiormente colpiti da tumori cerebrali benigni, rispetto alla popolazione generale [13].

Nel 2018, maggiore attenzione è stata posta sul ruolo del CPA nell’eziopatogenesi di tumori cerebrali benigni in seguito a una nota di farmacovigilanza in lingua francese [16] in cui è stato messo in evidenza come anche altri derivati progestinici come il didrogestrone (per il trattamento dell’infertilità), il clormadinone (per l’ipertrofia prostatica benigna) e il megestrolo (per trattamento palliativo nel tumore alla mammella) siano stati “incriminati” in diversi casi di meningiomi. Lo stato di allerta è stato confermato anche dalla farmacovigilanza svizzera nel 2019 [17] e recentemente (16/04/20) dall’AIFA che ha dichiarato: uso di CPA ad alte dosi aumenta il rischio di meningiomi; impiego del CPA esclusivamente per carcinoma prostatico inoperabile, deviazioni dell’istinto sessuale, negli uomini il CPA (al dosaggio di 50 mg/100 mg/300 mg/3 ml) impiegato solo quando altri interventi sono considerati inadeguati; non indicato nelle donne [18].

Conclusioni

Attualmente, le conoscenze in campo basate su case report e studi retrospettivi mettono in luce un possibile nesso causale tra l’impiego di derivati progestinici (soprattutto ciproterone acetato) ad alte dosi per un lasso di tempo prolungato e tumori cerebrali benigni nella popolazione generale e nella popolazione transgender. Tale rischio sembrerebbe, quindi, maggiore nella popolazione femminile transgender che nella popolazione generale a causa del dosaggio più elevato e del tempo prolungato di impiego del CPA. La non costante presenza di sintomi d’allarme o di alti livelli di prolattina ematica non consente al clinico di impiegarli come strumenti predittivi di sviluppo di meningiomi; dall’altro canto, non è pensabile, in termini di costi effettivi, sottoporre tutte le donne transgender a RM cerebrale per screening/follow-up. Inoltre, visto il saltuario riscontro in questi casi di iperprolattinemia, potrebbe non essere necessaria la determinazione routinaria della prolattina ematica. Concludendo, l’alternativa praticabile probabilmente è, oltre a un’attenta anamnesi e valutazione di sintomi correlabili, analisi ematochimiche mirate, la riduzione del dosaggio del CPA alla dose minima efficace (25–50 mg), sostituendolo con spironolattone o agonisti del GnRH solo in quelle donne transgender che non necessitino di un eccessivo blocco periferico dell’attività del testosterone.

QUADRO SINOTTICO DEI FARMACI CITATI

Principio attivo

Nome commerciale

Formulazione

Ciproterone acetato

Androcur

25–50 mg, per os

Leuprorelina

Enantone

3,75 mg, s.c.

Estradiolo

Dermestril

25–50–100 mcg, transdermico

Medrossiprogesterone acetato

Farlutal, Provera

100–200–400 mg, per os

  1. Per l’elenco completo dei farmaci citati e le relative schede tecniche si rimanda al prontuario dei farmaci